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Salmo 139,14

 

“Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo stupendo.
Meravigliose sono le tue opere, e l'anima mia lo sa molto bene”

 

La scelta di questo testo è stata un successo mediatico, un modo nuovo di far conoscere la Bibbia. Lanciato sui social network e le reti web insieme a altri testi è stato scelto da centinaia o migliaia di persone che lo hanno preferito, con un Like. Perché questo? È un salmo di fiducia, che dice l’affidamento di tutta la nostra vita a Dio. È anche un inno all’onniscienza un po’ inquietante di Dio, una presenza continua che può portare con sé il giudizio.

In questo Salmo Dio è insieme il fondamento dell’esistenza e il suo problema. Per una volta nella domenica in cui vogliamo ricordare le vittime della violenza omofoba non si denuncia soltanto chi compie, legittima o copre quella violenza. Piuttosto ci si volge in primo luogo a esaminare noi stessi. Su questo, cosa dice il Salmo? Tre affermazioni essenziali: -La mia identità è inalienabile, fondata in Dio e non decretata dalla società, dall’ethos, dalla cultura o dalla famiglia. -La mia dignità non è frutto di una mia conquista personale o di un riconoscimento estorto alla comunità, ma scaturisce dalla volontà e dall’atto creativo di Dio. Ciò che io sono a me stessa/stesso e in relazione alle altre/agli altri, e ciò che desidero, costituiscono la mia creaturalità. Dio mi conosce e mi ama, è il mio creatore. Questo fondamento rende la vita di ognuna e ognuno degna di essere vissuta, una esistenza creata a immagine di Dio. È questa la grande valorizzazione che nasce dall’atto creatore e creativo di Dio. Che ci fa tutte e tutti diversi, tutte e tutti ricchi della sua grazia. Siamo noi creature ad avere difficoltà ad accettare le differenze. Anche le nostre.

La domanda che ci scuote è infatti “come vivrò la mia vocazione ad essere me stesso o me stessa?”. Questa è la domanda che percorre il pensiero di tanti/e giovani Lgbt in questa società omofoba. “Sarò capace di mostrarmi e dire chi sono? O mi nasconderò per tutta la vita, reprimendo il desiderio più autentico che è in me, la mia creaturalità originaria?” Il Salmo parla di “nemici”. Possiamo e dobbiamo identificare i nemici fuori di noi, quel rumore di fondo violento e intollerante che percorre la nostra società. Possiamo e dobbiamo farlo per fedeltà al Dio creatore, al Dio della ricca diversità del mondo e della giustizia. Ma a volte quel rumore entra dentro di noi e ci soffoca. Adolescenti si sono uccisi per le prese in giro sul loro orientamento sessuale, o forse solo sul loro “apparire”. Uomini e donne maturi non hanno più potuto sopportare la distonia tra i loro corpi e il loro genere sessuale. A volte ormai adulti la disperazione li ha sopraffatti e si sono uccisi. La violenza omologate entra dentro di noi e ci dice “devi essere come tutti”, o forse solo “come tutti appaiono”. Dato che quella grande uniformità poi non esiste!

Ecco, questo canto del Salmo 139 ci aiuta ad aprirci all’accettazione della nostra creaturalità. È Dio che ci precede, ci conosce, ci ama, ci forma, ci sostiene, ci giudica. A nessun altro spetta il giudizio. Quando siamo davanti a Dio, e lo siamo sempre dice il Salmo, non ci viene chiesto “perché non sei alla stessa altezza di Mozart, di Chopin, di Frida Khalo, di Simone Weil? Perché non sei il modello del calvinista o del puritano?”. Invece ci viene chiesto “in che modo sei all’altezza di te stesso?”., “In che modo porti al massimo la vocazione a cui sei chiamato?”. Della nostra creaturalità che diventa vocazione, invito a essere chi siamo, responsabilmente, fanno parte tutte le nostre ricchezze: ciò che sentiamo di essere, il nostro modo di amare, il nostro orientamento sessuale, la nostra lotta per essere autentici e armonici. È soprattutto quando si è giovani che si vive questa sorta di lotta per diventare sé stessi, ma questo movimento continua per tutta la vita.

Ecco allora perché questo Salmo è stato scelto per questa giornata dalle persone lgbt: come lenimento e base sicura per l’esistenza. Perché infonde in noi un senso di gioiosa meraviglia. Dio non ha sbagliato a creare. Riconoscere il suo agire in me, il suo conoscermi fin dall’inizio, crea un quadro di fiducia nel bel mezzo della fragilità e del limite, e conduce alla lode. Fondati e incastonati nella vita benevolente seppur misteriosa di Dio, scopriamo la complessità del nostro essere ed esprimiamo la bontà di ciò di cui siamo fatti e che ci anima, dà vigore e orienta il desiderio. Noi siamo, viviamo e cresciamo in Dio, e così ci protendiamo verso l’esistenza piena. Il Dio che non riesco a comprendere comprende me, mi circonda, mi rincorre, mi ama e provvede per me. Da questa intimità nasce sicurezza, fiducia, e la capacità di vivere pienamente di fronte agli altri, in relazione con gli altri. Dio ci ha fatte e fatti in modo meraviglioso, i suoi pensieri per noi sono preziosi e contrastano ogni violenza.

Pastora Letizia Tomassone, Domenica 17 maggio 2015 Chiesa Evangelica Valdese di Firenze - culto in occasione della giornata in memoria delle vittime delle violenze dell'omofobia.

Traduzione in tedesco

Einen Platz finden – wie? – in einer unpersönlichen Welt und in einer feindseligen Gesellschaft, das beschäftigt die menschliche Seele. Diese Frage wird vom Psalm 139 beantwortet, in ihm wird über die intime Dimension der Kommunion-Beziehung reflektiert: Gott ist dem einzelnen Menschen näher als dieser sich selbst. Hier wird die menschliche Existenz in Hinblick auf das Wissen um Gott, sein Vorhandensein und seine Macht dargestellt, also in die göttliche Realität eingehüllt und eingeschlossen. Gottes Leben ist mit dem unseren dermaßen verwoben, an eine Ablösung ist nicht zu denken. Jede und jeder von uns steht vor Gott wie entblößt, es gibt keine Seite die wir vor ihm verheimlichen können, nicht einmal die geheimsten Regungen. Auf den ersten Blick scheint dies keine gute Nachricht zu sein – Gott zieht in unsere Privatsphäre ein, er könnte uns einschüchtern und tyrannisieren. Im Text befindet sich aber keinerlei Hinweis auf ein Richten oder gar auf eine Freiheitsberaubung. Jedes menschliche Geschöpf ist eigen, einmalig, unnachahmlich, denn das Verhältnis von Gott zum Menschen ist nicht ein pauschales, ein allgemeines – nein, es ist ein Verhältnis mit mir direkt! Dies ist der Gott der uns heimsucht, der mich heimsucht. In diesem Suchen und Finden von Gott nach mir entdecke ich meine Identität als Geschöpf welches geliebt wird. Er nimmt Teil am Leben eines jeden: „Du hast mich geschaffen mit Leib und Geist, mich zusammengefügt im Schoß meiner Mutter.“ (Vers 13). Gott war schon da um die geheimsten Facetten des „Ichs“ zu sortieren, noch bevor die Bestandteile eines Menschen, zu seiner sexuellen Orientierung, seinem Charakter und seinem körperlichen Aufbau behutsam vereint wurden. In dieser Entdeckung ist ein Gefühl von Freude und Verwunderung enthalten; die/der PsalmendichterIn erkennen die Vollkommenheit des Daseins, dessen materielle Realität, von Beginn an bis zum Ende, wie die eines unwiederholbaren und wunderbaren Ichs, das von Gott nicht versehentlich geschaffen wurde. Die Erinnerung an das Wunder, im Text zwischen den Stellen über Zerbrechlichkeit und Grenzen des Seins, ist keine Erklärung, vielmehr der Übergang zum Lob (Vers 14). Im wohlwollenden – wenn auch etwas geheimnisvollen – Leben von Gott gegründet und eingegliedert, entdecken wir die Komplexität unseres Daseins, indem wir die Güte, dessen aus dem wir bestehen und was uns belebt, treibt, stärkt und unser Begehren orientiert, preisen. Während wir in Gott sind, leben wir und neigen wir zu einer vollkommenen Existenz. Der Gott, den ich nicht verstehen, mir nicht vorstellen kann, versteht aber mich, umgibt mich, läuft mir nach, liebt mich, sorgt für mich. Diese Intimität bildet Sicherheit, Vertrauen – kann aber auch eine Last sein, im Sinne eines Eindringens, einer Unannehmlichkeit. Gott ist nicht nur die Begründung der menschlichen Existenz: er ist für sie auch ein Problem.

Gedanken:

Meine Identität ist nicht entfremdbar, sie beruht auf Gott und ist weder von der Gesellschaft bestimmt, noch durch das Ethos, die Kultur und die Familie bestimmt.
Meine Würde ist nicht das Resultat meiner persönlichen Errungenschaften oder einer von der Gemeinschaft erpresste Anerkennung: sie stammt vom Willen Gottes und seiner Schöpfungsakte.
Das was ich bin, für mich selber und in Bezug auf die Anderen, und all das was ich begehre stellt meine Kreatürlichkeit dar.
[Begriff nach Franz Rosenzweig.]

Die existenzielle Dimension gegenüber Gott ist von der der ethischen Beziehungen getrennt.
Die Ethik betrifft die Art und Weise wie ich meine Begehren, meine sexuelle Orientierung, mein Elternsein, mein Berufungsgefühl in der Gesellschaft lebe.
Die existenzielle Dimension ist mein Dasein in Raum und Zeit, weil ich von Gott gewollt, gerufen, getragen werde.
Die Glaubensfrage die die/der PsalmendichterIn stellt, ist: wer bin ich gegenüber Gott der mich kennt, von mir weiß (= mich liebt), mich gestaltet, mir vorausgeht, mich trägt und über mir ist? ("Herr, du durchschaust mich, du kennst mich bis auf den Grund.", Vers 1.)
Die ethische Frage der/des Psalmendichter(s)In lautet: wie werde ich die/den leben die/der ich auch bin, wie werde ich meine Berufung des Selbst Seins gegenüber Gott dann in der Vielfalt der menschlichen Beziehungen leben, individuell so wie gesellschaftlich?
("Durchforsche mich, Gott, sieh mir ins Herz“, Vers 23.)
Der drastische Bezug auf die „Feinde“, die in „glühender“ (= vollkommener) Weise gehasst werden (Verse 19-22) dient, in der Sicht der/des Psalmendichter(s) In, der Festlegung eines ethischen Bezugspunktes im historischen Geschehen, der Differenzierung und der
Distanzierung innerhalb der menschlichen Gemeinschaft.
Der gottlose ist ein Feind, weil er als Feind Gottes gewertet wird. Auch wenn wir entschlossen diese kulturellen Kategorien des Hasses und der Missachtung des Feindes ablehnen (leider sind sie noch stark und bedrolich in den Texten und im Alltag der Religionen vorhanden), können wir auch in diesen Versen noch die Suche nach einer Authentizität gegenüber dem Schöpfer ersehen.
Wir hassen keinesfalls Menschen welche selber diskriminieren, verachten und Gewalt gegen andere Menschen anwenden – zum Beispiel weil diese einem anderem Volk, einem anderen Gesellschaftsstand oder Religion angehören, oder weil anderer Hautfarbe oder anderer sexueller Orientierung – oder noch: wegen egal welchen Grund der sich auf die Kreatürlichkeit, die Identität, das was uns ausmacht bezieht. Wir lehnen ab, verabscheuen, verurteilen und "hassen“ Rassismus, Homophobie, jegliche Haltung von Demütigung und Verachtung gegen Menschliches – sei es wir bemerken es in uns selbst wie auch außerhalb von uns, in den anderen.
Psalm 139 bringt in uns verschiedene Gefühle hervor. Unter anderem zeigt uns dieser Gesang eines: es reicht nicht sich lobend dem Geheimnis der eigenen Kreatürlichkeit und der eigenen existenziellen Dimension gegenüber Gott zu öffnen.
Wenn wir einmal das Selbstbewusstsein der eigenen nicht-endfremdbaren, in sich guten, Identität erlangt haben – welche aus der großzügigen und vielfältigen (vielleicht auch unheimlichen) Kreativität Gottes entsteht – , ergibt sich eine ethische Wahl als notwendig, welche wiederum zu einer Stellungsnahme für die menschliche Person und gegen alle kulturellen Vorbilder von Diskriminierung, Gewalt und Tötung führt.
Es wird ein Werk sein, welches nicht „gegen die Anderen“ zu machen sein wird, vielmehr ein Arbeiten an uns selbst, mit den anderen zusammen, zu den anderen hin. Es wird auch notwendig sein sich zu hinterfragen, wie man die eigene Identität und Berufung, die eigene sexuelle Orientierung

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Ultimo aggiornamento: 23 Maggio 2015
 ©Chiesa Evangelica Valdese di Firenze